1 Agosto 2025

“Non devi mai dire che hai paura, piccola Samia. Mai. Altrimenti le cose di cui hai paura si credono grandi e pensano di poterti vincere.”
Questa mattina mi restavano un pugno di pagine per completare il libro: sarei voluta arrivare alla fine ma oggi fa molto caldo (siamo a più di quaranta gradi in questa maledetta estate 2025) e dovevo portare fuori il cane. Così ho messo il segnalibro dentro l’ultima pagina letta ma il libro, sfogliatosi da sé, sfrontatamente mi mostrava le parole conclusive con cui l’autore svelava il reale epilogo della storia: “Samia Yufuf Omar è morta nel Mar Mediterraneo il 2 Aprile 2012 mentre tentava di raggiungere le funi lanciate da un’imbarcazione italiana”. Che strano destino: il libro stesso mi rivelava la sorte della protagonista che qualche giorno prima mi era stata involontariamente anticipata da mio marito e che io a fatica avevo cercato di dimenticare tanto erano forti le mie speranze in una inaspettata felice conclusione. “Certo conosco la storia di Samia, la centometrista somala che partecipò alle Olimpiadi di Pechino del 2008. È morta”. Quella perentoria conclusione della vicenda di Samia, che leggevo con trepidazione e nel cui lieto fine confidavo ardentemente, mi aveva scioccata. Dissi a mio marito che non mi dicesse altro a proposito del destino che era toccato a questa giovane donna ma non per non farmi rovinare il finale del libro (tanto lo sapevo che la storia non era di fantasia) ma perché i miei auspici nella realizzazione del sogno della podista proveniente da un paese povero ed in guerra mi erano state cancellate per sempre e in maniera inesorabile. E così con l’amarezza e il timore di arrivare al tragico epilogo quando rincasai mi accinsi a completare il libro leggendo quelle ultime quattro pagine che precedevano le lapidarie conclusioni in corsivo: in maniera coraggiosa l’autore con la sua penna aveva cambiato la tragica realtà dando a Samia la gioia e la soddisfazione di realizzare il sogno che l’aveva spinta ad affrontare con coraggio e determinazione l’infernale, terrificante ‘Viaggio’ da Mogadiscio verso la libertà, ossia correre la finale dei duecento metri piani alle Olimpiadi di Londra del 2012.

LA POTENZA DI UN TESTO
Ho avuto questo libro in giro per casa per un anno intero e l’ho spostato da una stanza all’altra inseguendo mio figlio affinché lo leggesse per assolvere ad un compito assegnato dalla professoressa di Lingua e Letteratura Italiana. Non avevo mai sentito parlare di Giuseppe Catozzella (non smetterò mai di denunciare la mia immensa ignoranza di autori contemporanei), non conoscevo questo suo romanzo né immaginavo quanto potente fosse il suo contenuto e quanto potesse segnarmi l’animo: lo si potrebbe definire un romanzo di denuncia o più semplicemente il racconto di vite così lontane dal pensiero occidentale da essere considerate inimmaginabili. Inimmaginabili per la pericolosità di convivere con guerre che si ereditano fin dalla nascita, per i disagi di conciliare bisogni quotidiani, sogni e ambizioni con sparatorie punitive su mercati affollati, pattugliamenti e coprifuoco e agguati delle milizie di Al-Shabaab finalizzati al reclutamento di giovani adepti. Vite così tragiche da preferire un viaggio attraverso l’inferno ad una esistenza dentro l’inferno.
Samia è nata che la guerra a Mogadiscio c’era già, ci ha fatto i conti quando le ha rubato il padre, ha attirato l’amico fraterno Alì nelle grinfie dell’organizzazione militare Al-Shabaab ed ha condotto l’amata sorella Hodan a cercarsi un paese lontano dal suo nel quale poter essere libera. E per non esserne schiacciata ha imparato ad accettarla considerandola come una ‘sorella maggiore’. Tanto che con la guerra ha fatto convivere anche i suoi allenamenti che nonostante la poca efficacia l’hanno portata a vivere l’esperienza più bella della sua vita, le Olimpiadi di Pechino e ad accarezzare il sogno di correre quelle di Londra: fianco a fianco con il suo mito Veronica Campbell-Brown e con in testa le imprese del connazionale Mo Farah che il suo di sogno invece era riuscito a concretizzarlo. Quella guerra che la obbligò ad abbandonare la propria casa e a trovare la morte (dentro quel mare proibito che Samia amava e che aveva bramato fin da bambina) non prima di averla privata di ciò che un essere umano ha di più caro, la propria dignità: “[..] stare ferma mi faceva ribollire le viscere. Molti vomitavano a terra dove capitava. Ho rivisto gli occhi della gente al semaforo di Adis Abeba. Ci guardavano come fossimo cose che si stavano spostando da un luogo all’altro. In due ore chiusi dentro quel garage che puzzava di benzina e sudore eravamo riusciti ad azzerare la nostra dignità”.
Giuseppe Catozzella con una scrittura scorrevole ed asciutta ci racconta la breve vita di Samia, ci fa conoscere le tradizioni, le usanze, i riti che legano le famiglie Somale, la dignità e l’orgoglio di un popolo sempre vessato dal dominio straniero e poi da lotte interne.
La corsa ultima di Samia verso la fune a cui aggrapparsi per sopravvivere ci pone in uno stato di angoscia e speranza insieme; ci fa tirare un sospiro di sollievo il suo felice esito; poi ci lascia senza fiato il finale crudo, quello vero, ineluttabile.
Riflettiamo mai abbastanza su quanto possa essere semplice la vita in alcune parti del mondo e quanto invece difficile sia invece praticare in altri luoghi le attività più semplici e scontate come passeggiare, mangiare, viaggiare, studiare, esprimere opinioni?
Avete letto questo libro? Dite spesso di avere paura di qualcosa?